Geopolitics made sexy Il tuo benzinaio ha già un'opinione sul Medio Oriente. E tu?
Il giorno dopo la strage di Parigi, ci siamo risvegliati in un clima terrificante. E mi riferisco al fatto che improvvisamente erano diventati tutti esperti di politica internazionale, strategia militare, relazioni diplomatiche e che sentivano l’irresistibile necessità di condividere i loro pensieri.
Ora, a me la geopolitica piace fondamentalmente perché, non essendo un esperto, scopro sempre cose nuove. E più scopro cose nuove più mi accorgo di non sapere una mazza e più voglio sapere, giusto per capire in che cazzo di mondo viviamo. Mi piacerebbe che questo articolo venisse letto e considerato da qualcuno di quelli che hanno sempre la soluzione in tasca e sbandierano le loro certezze in materia di scienze internazionali. Perchè, ricordiamolo, le scienze internazionali sono pur sempre una scienza e la scienza a volte è pallosa. Altre volte, invece, no.
Tutto questo per dire che ho trovato un blog a cui vorreste dare un’occhiata che, in maniera narrativa e semplice, spiega la complessità della geopolitica contemporanea con particolare riferimento al Medio Oriente. Consiglio la lettura di quest’articolo:
Perché il Medio Oriente non si è mai secolarizzato?
Fino a poco tempo fa molti stati mediorientali parlavano il linguaggio del socialismo, nazionalismo e persino del comunismo. Basta analizzare l’inno degli Emirati Arabi, la costituzione egiziana del 1971 ed il libro verde di Gheddafi. Per non citare il fatto che nel 1964 l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina non cita l’Islam nemmeno per sbaglio. L’Algeria praticava il socialismo fino al 1990, il più grande partito della Tunisia, Nida Tunis, ha le sue radici profonde nel socialismo e nella secolarizzazione. L’Egitto di Mubarak, l’Iraq di Saddam e la Syria di Assad ufficialmente si dichiaravano socialisti. Persino il Sudan dopo il colpo di stato comunista del 1971 continuò a perseguire il socialismo.
Oggi, difficilmente qualche cittadino di questi stati pronuncia la parola “socialismo”. Che cos’è successo nel frattempo?
Facciamo un passo indietro e partiamo dal declino dell’impero Ottomano nel 1919. Prima di quella data il sistema politico nelle regioni mediorientali nordafricane era abbastanza semplice: le comunità locali venivano brutalizzate e sfruttate o dagli invasori esterni o dai tiranni locali. Europei, turchi, califfi, egiziani, crociati adottavano una politica bruta ma efficace per mantenere il controllo.
Dopo il crollo del grande Impero Ottomano nessuno stato europeo si sognava di accollarsi la gestione diretta di quella miriade caotica di comunità locali. Ma non volevano nemmeno rinunciare alle risorse di cui gli stati nordafricani disponevano. Nasce così un sistema di stati fantoccio: governi istruiti dagli stati occidentali per massimizzare le risorse e diminuire la corruzione locale. Addirittura i francesi, anti-monarchici per natura, introducono ideologie repubblicane nei loro territori (tranne che in Marocco). Gli inglesi, perfettamente a loro agio con i re e le regine, installano dinastie a Baghdad e Amman.
Il sistema funzionava perfettamente perché gli stati europei erano visti come un modello vincente (avevano sconfitto gli Ottomani) dai rispettivi stati fantoccio.
Fino alla seconda guerra mondiale, gli stati arabi facevano affidamento sui loro “padroni coloniali”: inglesi, francesi e, udite udite, italiani. Dopo, entrano in gioco nella scena politica europea gli americani ed i russi con le loro ideologie. Gli arabi cominciano a considerare l’ideologia socialista nella speranza di compiacere Mosca ed entrare nella sua sfera di influenza. Ed infatti negli anni 50 l’Egitto ottenne l’appoggio dell’USSR per cacciare gli inglesi e cominciare a fare la voce grossa con Israele. La fondazione di Israele divenne l’occasione per riunire insieme le disparate realtà del mondo arabo. Questo primo concetto di “guerra ad Israele” si ancorava però ad un pensiero laico, nazionalista ed identitario, per niente religioso.
La situazione comincia a cambiare negli anni ’60.
Fondamentalmente a causa di due eventi che fanno vacillare la fiducia nei sistemi politici arabi dell’epoca: il fallimento del progetto pan-arabo che prevedeva un’unione di Egitto e Siria che però durò solo tre anni (1958-1961) e la sconfitta nel 1967 nella guerra arabo-israeliana. Il nazionalismo arabo aveva fallito, così come il socialismo ed il comunismo yemenita. Lo Yemen, unico stato propriamente comunista, era ad un punto di non ritorno verso il degrado e l’impossibilità di sviluppo. E a quel punto entra in gioco l’Iran.
Per la sua posizione geopolitica l’Iran era l’unico stato che all’epoca non avrebbe avuto niente da perdere nel tentare l’esperimento dell’Islam politico. Ed infatti nel 1979 si imbarca nella rivoluzione islamica (a questo proposito suggerisco il gradevolissimo film “Argo”). Falliti i sistemi laici, la religione era diventato il collante politico e sociale su cui costruire una nuova società al sicuro dal controllo sovietico ed americano. Da lì in poi la cosa suscitò una serie di reazioni a catena: i pellegrini iraniani assediano la moschea a la Mecca in Arabia Saudita, l’Iraq attacca l’Iran nel tentativo di ribaltare la rivoluzione e le prende, l’USSR attacca l’Afghanistan perché comincia a sentire puzza di bruciato ma, nonostante l’Afghanistan abbia le pezze al culo, la Russia viene sconfitta. Gli afghani realizzano la loro jihad contro gli atei comunisti, anche grazie alla CIA ed al loro pupillo Osama Bin laden. Ma questa è un’altra storia. Per la prima volta si crea un importante precedente: uno stato europeo invasore era stato messo al proprio posto da uno stato Islamico tramite l’uso della forza. L’Islam era riuscito dove il nazionalismo arabo aveva fallito.
Da qui, il resto è storia. Lo stato religioso si impone come modello vincente per gli stati mediorientali a cui la secolarizzazione aveva offerto finora solo una modesta stabilità “stagnante” ma nulla di più. Ad oggi l’Arabia Saudita è il più grande esportatore di petrolio al mondo, sebbene ultimamente stia affrontando una crisi “esistenziale” non indifferente. Sulle motivazioni dell’attuale crollo del prezzo del petrolio e dell’intervento dell’Arabia Saudita in Siria rimando al relativo articolo del blog sopra citato (riassunto: l’Arabia Saudita abbassa il prezzo per preservare le sue quote di mercato negli USA che altrimenti si rifornirebbero di olio estratto tramite fracking negli stessi States. Inoltre, sembra che per gli Stati Uniti la dinastia di Saud che governa l’Arabia Saudita sia diventata “rimpiazzabile”).
La buona notizia è che potremmo essere sulla buona strada verso la secolarizzazione. Con l’apertura dell’Occidente all’Iran forse il Medio Oriente inizierà a secolarizzarsi, anche se ci vorrà del tempo prima che il nuovo sistema venga accettato dalle grandi masse.
Probabilmente non vivremo abbastanza per vedere questo cambiamento. A meno che non sopravviveremo allo sfracellamento di palle procurato da gente come Salvini, chiaramente.